Questo è il mio blog da rider che ne ha viste tante.

La mia carriera è cominciata nel 2018 in un giorno di festa, come un giorno di festa. Finalmente avevo trovato il lavoro perfetto per me.

Diventare un rider è stata una conquista di libertà e di identità, perché per fare una consegna servono muscoli, testa e cuore.

Poi mi hanno licenziato con un’email e sono sceso in piazza, perché non aveva più senso continuare a lavorare per un’azienda che pensa solo al suo profitto e non anche alle persone che gli permettono di realizzarlo.

Le proteste si sono accese ancora di più durante il lockdown.

Ma nel mondo post pandemia sono tornato con lo zaino in sella alla mia bici.

Perché se, da una parte, fare il rider era semplicemente un modo per uscire di casa senza problemi e guadagnare anche qualcosa, dall’altra era il mio modo di guadagnare qualcosa.

Questo blog da rider nasce per dire che il rider non è un lavoro del cazzo, non è un lavoro per tutti e non è un lavoro di ripiego che sminuisce chi lo fa.

Essere un rider è conoscere se stessi come i vicoli della città; capire quando fermarsi un attimo e quando continuare a pedalare; imparare a ripararsi la bici da solo.

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